Sarà necessario “sviluppare e implementare soluzioni nazionali per proibire o eliminare virtualmente i grassi trans (TFA) dall’alimentazione, al fine di rendere l’Europa una zona “trans-free”. Sebbene siano stati fatti progressi in tal senso, sono ancora ampiamente disponibili alimenti con alti quantitativi di grassi trans, in particolare in regioni e segmenti di mercato specifici”.
E’ questa la dichiarazione di guerra della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) verso gli acidi grassi trans, i monoinsaturi con almeno un doppio legame non coniugato in configurazione trans. Il rapporto “European Food and Nutrition Action Plan 2015-2020” è poi incentrato su aspetti come “Creare contesti alimentari salubri” ,o “rafforzare la governance di network e alleanze intersettoriali per un approccio di policy complessivamente orientato alla salute”. Ma in ogni caso il focus sulle diete e sul cibo è centrale, anche e soprattutto tramite un filtro di azioni sociali ed economiche, deputate a rendere reperibile il cibo sano.
Inoltre, nel piano sono fornite Linee Guida per seguire veri e propri “menù” di azioni a livello nazionale, in modo coerente, coordinato e multisettoriale.
In tutto questo, i grassi trans sono bersaglio facile. La particolarità chimica renderebbe tali grassi deleteri per le arterie: aumentando il valore del colesterolo ematico “cattivo” (LDL) e diminuendo al contempo la quantità di quello “buono” (HDL).
Le carenze normative ed il “vuoto” in etichetta
Soprattutto, allo stato attuale di cose, i consumatori in buona parte non sarebbero consapevoli di ingerire quantità preoccupanti di grassi trans, dal momento che… non è obbligatorioindicarli in etichetta (come prevede il reg. (UE) 1169/2011). Certo la Commissione Europea ha svolto una consultazione con gli stakeholder per vedere se e come indicare i TFA alla stregua di quanto accade negli USA- ma al momento…. non sembra possibile fare scelte in tal senso.
A complicare le cose, per l’Europa, la previsione obbligatoria di indicare per contro se gli oli- grassi vegetalisono “parzialmente” o “totalmente idrogenati”, mentre nel marketing campeggia l’espressione “non idrogenati” (come se fosse una garanzia di…salubrità usare olio di palma, che è il prodotto che si nasconde dietro tale menzione). Ora, i consumatori attribuiscono generalmente alla prima accezione un valore migliorativo: il processo chimico dell’idrogenazione (che brutta parola!) è “solo parziale”, quindi l’alimento sarà per forza più sano rispetto a quello a base di grassi totalmente idrogenati. Peccato però che sia vero il contrario.
Una idrogenazione completa infatti non produce acidi grassi trans. Ma oggi spesso i consumatori possono essere indotti a pensare il contrario.
Prossimi passaggi per un’Europa “Trans Fat Free”
La Commissione UE- si legge al considerando 7 del reg. (UE) 1169/2011-e poi all’art. 30 (7)dovrà presentare entro il 13 dicembre 2014 una relazione circa il consumo di TFA da parte dei cittadini europei, corredata da possibili azioni di policy per diminuirne il consumo. Inoltre, potrà avanzare precise indicazioni da mettere in etichetta (non a caso è stato chiesto un parere agli stakeholder).
In ogni caso, nel report della OMS non si mettono alla berlina soltanto i trans, ma più in genere, le cattive diete e i grassi saturi, gli zuccheri ed il sale.
Gli acidi grassi trans (TFA) hanno visto la Food and Drug Administration (FDA) ritirare da
poco lo status di GRAS (Generally Recognised as Safe),indicazione che serve a promuovere un ingrediente al rango di sostanza nutritiva vera e propria. In realtà la FDA si riferiva ai grassi parzialmente idrogenati, ma all’atto pratico, si tratta di TFA.